Considerazioni sul crollo nell’aula magna della Facoltà di scienze umanistiche (di Cristina Lavinio)

Apre molti interrogativi il crollo di una parte dell’edificio, con aule e laboratori recentemente ristrutturati, dell’ex-facoltà di geologia, e ora della Facoltà di scienze umanistiche, Corso di laurea in Lingue. Dalle foto postate si nota come il vecchio edificio della Facoltà di Geologia, esistente da almeno 60 anni, non sia stato interessato dal crollo, sia lì bello solido e intatto. Il crollo ha invece riguardato una parte aggiunta più di recente. E ci si chiede se si sappiano più costruire edifici sicuri o se per caso non si vada troppo al ribasso nell’assegnare gli appalti, così come ho visto che qualcuno, su Facebook, si chiede dove mai sia finita una disciplina come Scienza dei materiali che un tempo esisteva nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari. In attesa di tutti i debiti accertamenti del caso, viene così da considerare che l’Università attuale, per come è stata ridotta da decenni di politiche attente solo alla cosiddetta produttività (e cioè al numero degli studenti in corso, dato che i fuori corso sono “penalizzanti”) garantisce sempre meno che dal suo seno si esca con tutte le debite competenze utili per esercitare al meglio tutte le varie professioni, a partire da quella di ingegnere. Ed è un problema dell’Università italiana tutta, che si innesta su una scuola pubblica anch’essa molto mal ridotta. L’Università è in una situazione sempre più discutibile quanto a preparazione fornita e cura delle discipline di base. La formazione dei giovani laureati è spesso carente perché se non li si tiene in corso e si chiude un occhio o anche due sulla loro reale preparazione, gli
Atenei vedono decurtato il loro FFO, cioè il finanziamento ordinario (che arriva dallo Stato e che serve a pagare gli stipendi del personale e alla manutenzione delle strutture). Perciò i contenuti dei corsi sono stati sempre più semplificati (basta vedere quanti libercoli tipo Bignami abbiano sostituito i corposi manuali un tempo in programma), ed è passata l’idea che non si debba essere troppo esigenti. E dunque possono essere sfornati dalle Università neolaureati sempre più ignoranti (ingegneri che non sanno fare calcoli matematici, aspiranti insegnanti che mancano delle conoscenze più elementari, aspiranti funzionari e impiegati che non sanno scrivere, ecc ecc). Le discipline formative e di base, assieme alla ricerca relativa, sono spesso più trascurate a vantaggio di quelle che hanno ricadute sul territorio (cosa che in questa occasione suona drammaticamente ironica). E l’ignoranza al potere produce solo disastri. Compresa o a partire da quella di tanti politici.

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