Il caso Cospito ed il 41 Bis (di Rosamaria Maggio)

Capire che cosa stia succedendo con il caso Cospito non è francamente facile per i non addetti ai lavori. Di fronte a questioni così complesse vado sempre indietro con la memoria e penso ai miei alunni, agli studenti di oggi, alle persone comuni che si occupano di cose diverse o che comunque non hanno dimestichezza con questioni tecnico/giuridiche.
Provo perciò a fare una esemplificazione, spero, nell’interesse di molti.
Alfredo Cospito ha commesso reati gravi per i quali ha subito i relativi processi ed è stato condannato. Nello specifico ha ferito alle gambe l’amministratore delegato dell’Ansaldo e per questo è stato condannato a 10 anni ed 8 mesi di carcere. È stato successivamente condannato a 20 anni di carcere per aver collocato davanti alla scuola dei carabinieri di Fassano un bomba a basso potenziale, senza provocare danni alle persone. Come precisa il Procuratore di Torino, Dr. Saluzzo, Cospito non è stato condannato all’ergastolo, neppure ostativo, ma sta scontando 30 anni per reati anche gravi, ed è in attesa di una pronuncia della Consulta in quanto a seguito di una decisione della Cassazione, il reato è stato rubricato strage politica (pur in assenza di vittime) ed è stato richiesto l’ergastolo.
Poiché Cospito fa parte del Fai-Fri, Federazione anarchica, riconosciuta dalla Cassazione come organizzazione terroristica, il Dr Saluzzo precisa che «la posizione processuale (condanna e attesa di residuo giudizio), non ha nulla a che vedere con quella che viene chiamata misura del 41-bis dell’ordinamento penitenziario, poiché quel regime differenziato di detenzione viene applicato a soggetti dei quali si riconosca la particolare pericolosità, imputati o condannati per taluni gravi reati previsti dalla legge e la possibilità e capacità di mantenere, pur se detenuti, collegamenti con le associazioni, mafiose, terroristiche od eversive».
Quindi la sottoposizione di Cospito al 41-bis non è l’applicazione di una pena, ma di un regime detentivo speciale. Infatti il 41 bis dell’ordinamento penitenziario, viene disposto dal Ministro di Grazia e Giustizia, (in questo caso Cartabia), sentito il Procuratore della Repubblica, quando si ravveda la pericolosità del condannato e soprattutto la possibilità e capacità di mantenere rapporti e collegamenti, in questo caso, con ambienti eversivi.
Paradossalmente quindi un serial Killer o gli assassini di Saman Abbas, presumibilmente parenti, che fossero anche condannati all’ergastolo, non verrebbero sottoposti al 41-bis.
Un reo anche di reati politici non gravissimi, ma legati all’eversione di qualunque colore, potrebbe essere sottoposto al 41-bs proprio per impedire l’azione di proselitismo e l’organizzazione di reati associativi; ha quindi uno scopo preventivo pur essendo un disposto particolarmente afflittivo.
Il dibattito che si è sviluppato nel paese e che periodicamente torna a essere in primo piano nasce dal fatto che gravi reati, ascrivibili al mondo della criminalità organizzata, come ad esempio i delitti di stampo mafioso, per quanto accertati risultino spesso impuniti per la lunga latitanza dei colpevoli. Cio’ confligge con l’esigenza di certezza della pena e con la crudeltà dei delitti di volta in volta attribuiti ed accertati.
Ognuno di noi ha una parte ancestrale, irrazionale e sanguigna, che porta a dare risposte più di pancia che di ragione ad eventi considerati gravemente riprovevoli.
Il fatto è che lo Stato, per essere autorevole, non deve dare risposte emotive, ma si deve muovere nell’ambito dei principi costituzionali e delle sue leggi. Ed il nostro articolo 27, che recita fra l’altro che “ Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” e l’art. 13 che dice che non è ammessa … alcuna altra restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria …”, sono in questo caso chiamati in causa.
La domanda è quindi se nel caso specifico sia stata estesa a Cospito una legislazione pensata come lotta ad un fenomeno criminale particolare. Il diritto penale nella modernità doveva proteggerci dalla violenza del potere. Invece il 41- bis, caratterizzato dall’applicabilità della sospensione di normali regole detentive in caso di rivolta (e non è questo) ed in relazione a gravi situazioni di emergenza (sarebbe questo?), viene applicato al caso Cospito, ponendo una serie di quesiti.
Qui non si discute della abrogazione del 41-bis, per quanto giuristi del calibro di Gherardo Colombo lo auspichino, ma dell’applicabilità al caso Cospito e simili. Infatti oltre ai mafiosi che sono esplicitamente considerati da 41-bis, solo il 10% dei sottoposti alla misura per un totale di poco più di 700 detenuti, circa una settantina, non appartengono a questa categoria. La condizione è particolarmente penosa perché essi sono detenuti in aree insulari ( celle singole), ove sono sottoposti a misure di elevata sicurezza interna ed esterna, i colloqui con i familiari sono consentiti uno al mese, vengono sottoposti a controllo auditivo e registrazione, la corrispondenza è sottoposta a censura, dopo i primi 6 mesi è ammesso un colloquio mensile telefonico, per un max di 10 minuti, vengono limitate le somme ed beni ricevuti dall’esterno, possono avere accesso a 2 ore d’ aria al giorno per un max di 4 persone che si trovino nello spazio esterno, ecc.
La questione è quindi se questo regime sia in contrasto con i principi costituzionali (e questo varrebbe per tutti), o, se più limitatamente, ci troviamo di fronte all’applicazione a casi che nulla hanno a che fare col fenomeno mafioso. Oggi anche il fenomeno terroristico non è tale da mettere in pericolo la sicurezza dello Stato.
Ci auguriamo che la politica non strumentalizzi la vicenda, cosi’ come è avvenuto ieri alla Camera, e che venga sospesa immediatamente l’applicazione del 41- bis ad Alfredo Cospito.

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