L’art. 11 consente solo la difesa della patria, gli interventi esterni possono avvenire unicamente in seno a o rganizzazioni internazionali di pace (di Andrea Pubusa)

Chi cerchi nell’art. 11 della nostra bella Costituzione un appiglio per andare oltre la guerra difensiva, come espressione del sacro dovere di difesa della patria, sancito dall’art. 52, rimane senza seri ancoraggi normativi. Deve ricorrere solo a forzature a giustificazione di un proprio pensiero sul merito del singolo intervento.
Lo hanno detto tanti commentatori, il verbo “ripudia” è ben di più di un rifiuto della guerra perché unisce a questo un giudizio morale prevalente e indiscutibile: la guerra è di per sé il massimo dei mali verso il quale il rigetto è totale anche sul piano etico. Questa formulazione non lascia spazi per alcuna attività dell’Italia anche indiretta di partecipazione ad attività belliche che non siano per la nostra stretta difesa perché sarebbe in ogni caso una modalità di risoluzione delle controversie internazionali con mezzi militari, anch’essa vietata dall’art. 11.
Allora dobbiamo negare che l’Italia, come singola, non possa mai intervenire in conflitti anche quelli che appaiano come azioni in difesa della democrazia? La Carta dice proprio questo, quando ammette le limitazioni della sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace la giustizia fra le Nazioni e consente, anzi auspica, il concorso alle organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Solo in seno alle organizzazioni internazionali di pace il nostro paese può dispiegare un impegno militare, ma non può farlo isolatamente. Se non si difende direttamente il suolo italiano, il carattere difensivo della pace del nostro impegno è garantito dal fatto ch’esso è deliberato e si svolge in seno a organizzazioni internazionali di pace, l’ONU innanzitutto.
L’invio di armi deciso dall’Italia in Ucraina è dunque contrastante con la Carta, perché l’intervento è volto a concorrere a risolvere una controversia internazionale con le armi, mentre non lo sarebbe se avvenisse in applicazione di una decisione dell’ONU. Questa sarebbe volta a ristabilire la pace e non – come il nostro invio – ad alimentare la guerra. Ed infatti non sono mai state contestate sul piano della legittimità costituzionale le missioni italiane di pace in seno alle Nazioni unite.
Ora, badando alla vicenda Ucraina, suscita certo sconcerto e ferma condanna l’attacco della Russia all’Ucraina e sorge istintivo un moto di solidarietà con le popolazioni che è giusto esprimere con l’accoglienza e l’invio di soccorsi umanitari d’ogni genere. L’invio di armi è però altra cosa, la Carta – si ribadisce – lo ha sottratto alla isolata valutazione del Parlamento italiano per demandarlo a organizzazioni internazionali preposte alla soluzione delle controversie internazionali. Solo in applicazione delle risoluzioni di queste organizzazioni il nostro Parlamento può deliberare l’invio di armi e di uomini fuori dal territorio patrio.
A ben vedere, la disciplina costituzionale ha una sua intima saggezza e una incontestabile razionalità. La valutazione sull’invio di armi ove avvenga isolatamente è la risultante di un giudizio politico di opportunità espresso dalla contingente maggioranza interna del momento, con tutte le controindicazioni e le parzialità del caso. Laddove invece questa decisione promani da organizzazioni internazionali preposte alla soluzione pacifica delle controversie internazionali, le ragioni di opportunità acquisiscono una maggiore oggettività, conferita proprio dal carattere concertato fra Stati in una sede internazionale a ciò preposta. Insomma, l’invio di armi in conflitti in cui non è direttamente in gioco la difesa del territorio italiano è sottratto alla maggioranza di turno ed è rimessa ad una più ponderata e rassicurante risoluzione internazionale.
Alcuni connettono l’ammissibilità dell’invio alla natura difensiva delle armi. Ora, dove trovi appiglio questa distinzione nell’art. 11 non si sa proprio individuare, tuttavia oggi anche le armi meno voluminose possono avere un carattere altamente offensivo, a partire dai droni di ultima generazione, per cui questa apertura porta certo lontano dal ripudio della guerra e dal divieto di soluzione per via militare delle controversie internazionali. A ben vedere apre le porte all’elusione, cioé alla violazione dell’art. 11 e 52 Cost.. Una china da scongiurare, anzi da ripudiare!

La pace e il suo statuto (di Umberto Allegretti - 17 dicembre 2001)
Lettera aperta alla Scuola di cultura politica Francesco Cocco. "Per un’iniziativa autonoma del pacifismo sardo e italiano" (di Tonino Dessì)

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