di Fernando Codonesu

Per l’autogoverno dell’energia in Sardegna

 

 

di seguito alcune parti dell’intervento di Fernando Codonesu al 2° seminario sull’energia (24 febbraio 2023) alla Fondazione del Banco di Sardegna

 

 

In tempi di transizione ecologica ed energetica avente come base la necessità di combattere i cambiamenti climatici in atto, considerata l’invasione della Sardegna con progetti di impianti di energia rinnovabile come quelli eolici off shore, ma anche su terra ferma come quello autorizzato vicino a Sos Enattos da parte del governo Draghi e il più recente proposto a ridosso della reggia nuragica di Barumini, così come i grandi progetti di impianti fotovoltaici a terra proposti da aziende nazionali e multinazionali su terreni agricoli anche già utilizzati ai fini dell’agricoltura e dell’allevamento, è necessario che la Sardegna intera agisca subito a tutti i livelli per creare un vasto movimento politico, culturale e sociale finalizzato all’autogoverno dell’energia.

Su questi grandi impianti che, uniti alla beffa dell’arrivo del gas con 50 anni di ritardo e alla riproposizione del Galsi da parte del Governo Meloni dopo 20 anni dalla sospensione della vecchia proposta progettuale, il giudizio deve essere netto: si tratta di progetti di stampo neo coloniale e come tali vanno combattuti dall’intera popolazione, oltre che da tutte le istituzioni e organi elettivi della nostra comunità.

Una riflessione di base, però, è necessaria: i proponenti di tali progetti fanno i loro interessi.

Noi, tutti noi sardi residenti e non, siamo interessati a difendere i nostri interessi e le peculiarità della nostra terra?

Se la risposta è affermativa allora dobbiamo affrontare seriamente il problema e individuare un percorso credibile che porti all’autogoverno dell’energia.

Dal mio punto di vista non c’è altra strada, a meno che non ci si voglia iscrivere al partito del No a prescindere con la costituzione dei tanti troppi comitati di questo tipo, senza alcuna proposta alternativa o complementare al riguardo, o ancora peggio, si preferisca far parte della tanto variegata quanto inutile armata brancaleonesca del “lamento continuo”.

In Sardegna oggi ci sono tutte le condizioni per proporre una Comunità energetica rinnovabile (CER) regionale che riunisca ogni tipo di comunità energetica territoriale comprendendo anche quelle tra cittadini (CEC), come comunità energetiche di condominio, strada, quartiere, comune, di città metropolitana, provincia e Regione.

La comunità energetica rinnovabile regionale trova fondamento normativo sulla legislazione europea e statale e, soprattutto, nelle prerogative e competenze del nostro statuto del 1948, ancorché diminuite nel corso del tempo proprio a causa delle incursioni dello Stato nella legislazione regionale di riferimento e di alcune sentenze della Corte costituzionale che avalla quasi sempre la normativa statale.

Le ritengo vere e proprie incursioni e sentenze piratesche perché non si sono limitate ad aspetti di principio o di coordinamento con l’emanazione di “leggi cornice” o “leggi quadro” già previste e auspicate per salvaguardare l’interesse nazionale, ma hanno invece invaso gli aspetti di carattere tecnico ed amministrativo di pertinenza regionale, comprese quelle specifiche di pertinenza delle regioni a statuto speciale, come la Sardegna.

Altri due elementi che danno forza alla proposta di autogoverno dell’energia derivano innanzitutto dalla nostra condizione di insularità, dalla grande disponibilità di sole e vento (ultime risorse naturali ancora disponibili, per fortuna!), dalla significativa presenza di impianti di energia rinnovabile già in funzione, dalla presenza di grandi estensioni di terreni marginali che ci permetterebbero di avere la totale indipendenza energetica, non solo producendo l’energia necessaria per il fabbisogno elettrico, ma anche per quello termico, per la climatizzazione e per la mobilità e per la generazione di idrogeno, nel rispetto delle ultime indicazioni dell’Unione europea, peraltro riprese dal PNRR.

Il principio di riferimento è costituito dall’autoproduzione per il proprio fabbisogno: è questo che ci permette di evitare gli assalti speculativi di ogni tipo.

Teniamo conto che in Sardegna abbiamo 377 Comuni che si possono proporre come capofila per la costituzione di altrettante comunità energetiche di tipo pubblico o privato, oppure composte da un punto di vista societario come mix azionario tra pubblico e privato.

 

Questa proposta per l’autogoverno dell’energia assume ancora maggiore rilevanza se agisce in coerenza con il No alla proposta Calderoli sull’autonomia differenziata, fatta propria dal Governo immediatamente prima delle elezioni regionali del Lazio e della Lombardia, quale contributo originale della Sardegna anche in vista di un aggiornamento del nostro statuto, aggiornamento necessario per tutti i cambiamenti sostanziali che sono intervenuti nel mondo, in Italia e nella nostra isola nei 75 anni che ci separano dalla sua entrata in vigore nel 1948.

La Scuola di cultura politica Francesco Cocco organizza a Cagliari, presso la Fondazione di Sardegna in Via Salvatore da Horta n. 2, il 24 febbraio alle ore 17, un’assemblea dibattito a carattere seminariale sulla questione energetica, che fa seguito al primo seminario sul tema svolto nel mese di gennaio 2022.

I temi da affrontare riguardano l’evoluzione del mercato energetico a seguito dell’invasione dell’Ucraina con gli effetti indotti sui prezzi al cliente finale dell’energia elettrica, del gas, del riscaldamento, dei diversi carburanti utilizzati nei vari settori produttivi e dei prezzi di tutti i prodotti e servizi che caratterizzano la nostra vita: tutti dovuti alla guerra in corso?

Saranno approfonditi alcuni aspetti delle reti di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica nella nostra isola, anche a seguito dei lunghi black out di parte della rete elettrica regionale interna, tra Aritzo, Belvì, Desulo, ecc, dovuti alle nevicate recenti.

Se ragioniamo in termini di cambiamenti climatici, il rifasamento o spostamento nel tempo della transizione energetica da parte dell’UE, si spera solo temporaneo, con una ulteriore ripresa delle fonti fossili a partire dal gas e dalla riproposizione del cosiddetto nucleare di quarta generazione, non fa presagire niente di buono.

Al riguardo, come già accennato per la Sardegna si prospetta la riedizione di un Galsi rinnovato, un nuovo gasdotto proveniente dall’Algeria a distanza di oltre 20 anni dal primo progetto, si dice in grado anche di trasportare idrogeno, l’ultima frontiera dell’innamoramento energetico, peraltro di là da venire!

A livello internazionale i flussi di gas vedono nuovi percorsi basati sull’installazione di impianti di rigassificazione in Italia, con scelte imposte unilateralmente da parte dello Stato centrale che non tengono in considerazione alcuna la volontà delle popolazioni locali e delle loro istituzioni rappresentative, e nuovi gasdotti o ampliamenti di quelli esistenti, con un ruolo di spicco da parte della Turchia nel reinstradamento del gas russo, magari targato Azerbaijan, o con il gas libico che portano ad altra dipendenza e condizionamento per l’Europa intera.

In Sardegna, vecchi e nuovi problemi si ripresentano alla comunità sarda.

Ci si chiede, è possibile un protagonismo della società sarda che miri ad un percorso di autogoverno dell’energia?

Con quali strumenti, risorse, organizzazione e tempistiche realizzative?

Possiamo realizzare una comunità energetica rinnovabile sull’intera regione in grado di soddisfare le esigenze dei centri urbani, delle imprese, del mondo produttivo, dei servizi e delle varie attività legate al settore primario?

Se si, come?

Sono convinto che un’isola interamente rinnovabile sia possibile perché in questo campo la nostra insularità è paradossalmente una condizione di vantaggio. Un’isola rinnovabile che dovremo vedere totalmente integrata con una certificazione biologica di tutti i prodotti del settore primario per portare alla realizzazione a tendere di un’isola interamente “verde”.

Oggi vi sono le condizioni politiche per attivare un progetto di autogoverno dell’energia, condizioni economiche, sociali, tecnologiche e imprenditoriali, che tra l’altro trovano fondamento nelle competenze legislative primarie della Regione, pur di mettere insieme analisi, visioni, coerenza, risorse economiche e finanziarie ben presenti nella nostra regione e si prospetti un progetto operativo con un approccio partecipativo: è questo il senso più alto di una classe dirigente sarda degna di questa espressione.

Nessun volo pindarico: si tratta di indicare collettivamente questo obiettivo politico e supportarlo concretamente con un percorso politico, tecnico, normativo ed amministrativo coerente e praticabile fin da subito.