Tranquilli, la Meloni non sarà premier, ma sarà un piatto comunque indigesto quello che si appresta a cucinarci il Colle. Che fare a sinistra? (di Andrea Pubusa)

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C’e’ allarme nell’area dispersa della sinistra. Le scelte del PD, l’alleanza con Calenda e la marginalizzazione degli altri, ridotti al diritto di tribuna, favorisce la vittoria del)a destra e l’ascesa della Meloni a Palazzo Chigi. Una analisi semplice, che tiene conto dei sondaggi, ma non delle tendenze ormai sedimentate della Presidenza della Repubblica. Il Colle da anni impone, con una evidente forzatura costituzionale, il “suo” capo dell’esecutivo ad un parlamento che ha abdicato ormai alla sua centralità in materia di indirizzo politico e di decisore sostanziale sulla scelta del governo e sulla fiducia.
Bastera’ che Berlusconi sollevi dubbi sull’adeguatezza della Meloni al ruolo, per i suoi trascorsi, per i suoi referenti nella destra continentale, basterà far circolare dichiarazioni non favorevoli dagli ambienti europei, basterà una campagna di stampa ben orchestrata, com’è stato per Renzi, Monti e, in modo martellante, per Draghi e il gioco è fatto. Il Colle calera’ la sua carta. Lo ha fatto Napolitano con Bersani, senza dargli alcuna chances, preferendogli Letta, e via via, Renzi, Monti, e poi, da ultimo, Draghi.
La mossa di Letta verso Calenda si muove in questa direzione piu’ che a contendere la vittoria alla destra. Due centrodestra con poche diversita’ programmatiche interne (migranti, lbgt), sorde alle istanze sociali, pronte ad allearsi in un quadro dettato dal Colle e in cui FdI sostituisce il M5S, da tenere fuori dal perimetro governativo all’opposizione. In fondo su questione istituzionale, temi sociali e soprattutto sul NO all’invio di armi a Kiev e al riarmo, Conte alla fine è stato più lontano da Draghi e Letta della Meloni.
Qualcuno dira’ che cosi’ almeno la Carta e’ al sicuro, al riparo da stravolgimenti. Attenzione! Gli attacchi alla Legge Fondamentale negli anni scorsi son venuti non solo dal centrodestra, ma anche dal PD e anzi quello di Renzi e’ stato il piu’ insidioso.
Che fare a sinistra? Riprendere i temi sociali e del lavoro, pretendere un’attuazione della Costituzione nei suoi aspetti istituzionali (prerogative parlamentari anzitutto) e sociali (”…fondata sul lavoro…”), e nella politica internazionale, in primis la pace “...(ripudia la guerra…”).
Conte si e’ battuto su questo, forse tardivamente, ma con fermezza. La sinistra, frazionata in molte sigle si batte su questi obiettivi, con scarsa efficacia per le sue divisioni. Bisognerebbe invertire la rotta e dare impulso ad una credibile opera di ricomposizione. Basterebbe smetterla di spaccare il capello in quattro pensare che una sinistra può e deve avere una ricca articolazione interna, nel rispetto di regole di etica pubblica rigorose. Sul piano elettorale immediato questo e’ il perimetro per chi voglia un’alternativa a Draghi e a cio’ che ci apparecchiano i due centrodestra in campo sotto la regia del Colle in sintonia con le centrali europee e atlantiche. La carta M5S sembra piu’ immediatamente spendibile in termini di voto, ma una sinistra che avvii una seria ricomposizione e’ una prospettiva molto attrattiva soprattutto per chi viene dalle lotte sociali e idealmente non ha mutato collocazione. In una spinta verso soluzioni unitarie c’è spazio per tutti. C’è da dibattere e da decidere insieme. Articolazione nel dibattito e unità negli obiettivi. C’è questa consapevolezza? Vedremo.

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