Un terremoto, due narrazioni: Turchia e Siria 2023 (di Rosamaria Maggio)

Il terremoto in Turchia e Siria è uno dei più gravi dell’ultimo secolo in termini di magnitudo – 7,8 – e per numero di morti (gli ultimi dati parlano di oltre 21 000) ed il bilancio si aggiorna di ora in ora.

Dobbiamo tornare indietro a quello di Valdivia (Cile) 1960, la cui forza fu di 9,5 di magnitudo e ad Haiti per numero di morti (300.000).

Di questo gravissimo terremoto che ha colpito una vasta area mediorientale, seguiamo con trepidazione, attraverso i mezzi di informazione, l’evoluzione, i salvataggi, i soccorsi.

Forse però non è ben chiara la zona su cui questo disastro si è abbattuto.

La Turchia è un paese molto grande, con una popolazione di quasi 85 milioni di abitanti, ma il territorio colpito è il Kurdistan turco (12 milioni di abitanti), il cui capoluogo è Diyarbakir, le cui città più danneggiate sono Hatay e Kahramanmaras nella omonima regione. Non è un caso quindi che Erdogan, alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali (maggio 2023), abbia bloccato il social Twitter a costo di rendere più difficili i soccorsi.

Questa regione, strategica per qualunque Governo turco in quanto ricca di risorse petrolifere, di acqua e di un territorio fertile, è caratterizzata da una profonda opposizione al regime impegnato ad evitare che il malcontento per il ritardo nei soccorsi possa dilagare.

Questa circostanza è taciuta dai giornali occidentali di tutti i paesi Europei e comunque dei paesi Nato.

A vedere alcune immagini tragiche, si capisce che il territorio ha subito nel tempo una grande speculazione edilizia, senza attenzione all’uso di sistemi costruttivi antisismici, visto che molti palazzi si sono sbriciolati pur essendo stati costruiti in zone notoriamente sismiche.

Hatice Kaya insegnante kurda, ci scrive da Diyarbakir e dice che Hotay e Mas sono le città con il maggior numero di palazzi distrutti.

In Siria invece il territorio colpito non è il Kurdistan siriano, bensì il territorio sud – occidentale rispetto al Kurdistan turco, fino all’antica città di Aleppo. La Siria colpita però, subisce le conseguenze dell’embargo che il paese vive da anni e della guerra interna che martoria questo popolo.

Del terremoto in Siria si parla meno ed anche i vari paesi occidentali (compreso il nostro), si dimostrano poco empatici con il popolo siriano per la tragedia che lo ha colpito.

Mentre la Turchia ha largo accesso alle risorse necessarie per affrontare l’emergenza, in quanto verso la Turchia confluiranno tutti gli aiuti umanitari occidentali, la Siria, oltre ad essere colpita dalle sanzioni economiche, è da 12 anni teatro di guerra.

La Siria vive da 12 anni una guerra civile, in cui una parte della popolazione è fedele al presidente siriano Assad, sostenuto da Russia, Iran, Iraq e Cina.

Vi sono gruppi ribelli contrari ad Assad finanziati dall’occidente.

La popolazione sta faticosamente cercando di uscire dalla guerra civile con la riunificazione del paese sotto il controllo di Assad.

Al momento, l’area colpita dal terremoto non è sotto il controllo di Assad.

La Cina ha chiesto di rimuovere le sanzioni economiche nei confronti della Siria, ma gli Stati Uniti ribadiscono che aiuteranno entrambi le popolazioni dei due paesi, ma gli aiuti non dovranno essere gestiti da Assad.

Negli ultimi tempi vi era stato un riavvicinamento tra Siria e Turchia e si spera che la grande calamità naturale metta davanti a tutto l’aiuto alle popolazioni.

A Idlib, dove vi sono stati oltre 900 morti, vivono molti sfollati provenienti da altre parti della Siria. Si tratta di un territorio dove vivono circa 4,5 milioni di siriani.

Israele ha deciso di portare aiuti oltre che alla Turchia anche alla Siria.

La Siria ha aperto tre valichi di frontiera con la Turchia per ricevere aiuti umanitari.

Lo stesso governo siriano ha chiesto aiuti alla UE.

Assad ha assicurato che gli aiuti arriveranno anche ai ribelli di Idlib.

E’ notizia di queste ore il fatto che un primo convoglio di aiuti umanitari sia potuto arrivare in Siria nella zona colpita, controllata dai ribelli.

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