I moti del maggio 1906 (di Roberto Mirasola)

Maggio assume un’importanza particolare per la città di Cagliari, i fatti che si svolsero in questo mese nell’anno 1906 non dovrebbero cadere nel dimenticatoio ma ricordati perché consentirono alla città di coinvolgere le campagne in unica consapevolezza di lotta contro il potere. Il prezzo pagato in termini di vite umane fu però alto: due morti a Cagliari, due a Gonnesa, due a Nebida, uno a Bonorva e cinque a Villasalto.

Ventimila persone manifestarono a Cagliari contro le pessime condizioni lavorative e il caro vita che non consentiva loro di poter accedere ai beni di prima necessità. Proletari e ceto medio si ribellarono scioperando e contestando le decisioni prese dal sindaco Ottone Bacaredda che mortificavano e umiliavano la popolazione. Scontri che ebbero negli anni degli antefatti giacché nel 1901 vi fu lo sciopero delle tabacchine che consenti loro di avere le stesse condizioni lavorative di cui godevano le lavoratrici delle Manifatture del continente. L’anno successivo toccò agli scalpellini impegnati nella costruzione del palazzo comunale.

Negli anni successivi le proteste coinvolsero i lavoratori portuali, i salinieri, i commessi e i fornai. Parliamo di condizioni lavorative vicine alla schiavitù. Ad esempio gli scaricatori di porto lavoravano dalle sei del mattino alle sei di sera, gli operai dei pastifici iniziavano invece alle 3,45 del mattino per terminare alle 20,30 senza considerare il tempo dovuto per recarsi nel posto di lavoro. Oltre alle condizioni di lavoro i salari bassi non consentivano di poter contrastare l’eccessivo rincaro dei beni di prima necessità a partire dal prezzo del pane, impedendo di fatto la sussistenza delle persone. Beffarde le decisioni prese dalla giunta Bacaredda che pensò bene di calmierare il prezzo del pane di lusso facendo si che il pane di seconda qualità aumentasse di un ulteriore 30%. Si arrivò cosi al maggio 1906 e in particolare l’11 maggio una delegazione di operaie della Manifattura tabacchi chiese e ottenne di incontrare il sindaco che per tutta risposta disse “sapete voi come il sindaco si vendica delle esorbitanze dei pescivendoli? Quando ad esempio, le triglie vanno a due lire il chilogramma, fa loro tanto di cappello e compra il baccalà”. Risposta non data a caso visto che l’onorevole Carboni Boy intervenendo alla Camera a Roma sostenne che il rincaro dei prezzi riguardava “i pesci e le ortaglie” e che “si sa che l’operaio disgraziatamente mangia pochi pesci e ortaglie. Quindi non è una vera questione operaia”.

Fu dunque questa mancanza di sensibilità che portò la popolazione a scioperare e manifestare in massa sotto le bandiere socialiste e repubblicane. E nel tentativo di forzare i soldati schierati nella stazione furono uccisi il manovale Adolfo Cardia di 16 anni e il fruttivendolo Giovanni Casula di 19 anni. Le uccisioni lasciarono nello sconforto la città ma l’imponenza delle manifestazioni portò alle dimissioni della giunta comunale. Manifestazioni che sorpresero pure i dirigenti socialisti sorpresi da tanta vemenza e che ebbe come effetto il portare alle elezioni di luglio delle importanti richieste come la progressività delle imposte comunali con l’esenzione per i redditi più bassi, oltre l’abolizione dei dazi sui generi alimentari. Richieste che si ottennero con l’alleanza tra settori artigiani, operai e la piccola borghesia imprenditrice.

L’epilogo fu controverso. Se da una parte Cagliari fu da apripista per una maggiore consapevolezza dei diritti, perché le proteste si estesero anche in altri paesi della Sardegna con il loro tributo di sangue, dall’altra l’anima reazionaria della città si fece sentire. Come spesso accade nella storia della nostra città, considerazione che non dovremmo mai dimenticare, la borghesia reazionaria fece una contromanifestazione dimostrando di non comprendere le giuste rivendicazioni della stragrande maggioranza dei cittadini Cagliaritani. Stessa cosa che successe con Angioy che vide sbarrata la sua lotta contro il feudalesimo dalla borghesia Cagliaritana schierata nel campo reazionario.

Speriamo che le forze democratiche e progressiste abbiano imparato la lezione sia nel governo della Regione e nello sperato prossimo governo della città di Cagliari.

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