MES una riserva ideologica? (di Tonino Dessì)

Giusto Stefano Fassina, “a sinistra”, giustifica, da sovranista di complemento, l’atteggiamento del Governo sulla ratifica del Trattato di riforma del MES.
Atteggiamento che per quanto riguarda Giorgia Meloni è stato finora quello di trattare un do ut des, ossia ipotizzare una ratifica condizionata a una revisione del Patto di Stabilità.
La posizione intransigentemente negativa di Salvini è a sua volta giustificata dall’argomentazione che “il MES non serve all’Italia”.
Ora, la questione è questa.
Il MES è una forma di “amministrazione controllata” consistente nell’erogazione di prestiti a un Paese europeo a rischio di default condizionatamente all’imposizione di rigidissime regole di rientro dal proprio debito pubblico.
A dirla completa, una parte dei prestiti MES è stata svincolata da condizioni qualora quei prestiti siano richiesti per rafforzare la risposta sanitaria all’emergenza pandemica.
Si può discutere sui condizionamenti che il ricorso al MES potrebbe produrre a scapito della sovranità economica e politica del Paese che fosse costretto a ricorrervi.
Tuttavia l’obbligo di ricorrervi non c’è.
Pertanto nelle posizioni italiane contrarie alla ratifica (l’Italia sarebbe l’unico Paese UE a non ratificare) c’è assai più una riserva politica e ideologica antieuropeista che una difesa degli interessi finanziari nazionali.
E che questa posizione sia difficile da reggere si capisce sia dal via libera alla ratifica dato “tecnicamente” dal Ministro dell’economia e delle finanze, il leghista Giorgetti, sia dal fatto che in Commissione Esteri della Camera la maggioranza di governo è evaporata.

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