Passerelle, colpi di calore e tordi che si credono aquile (di Fernando Codonesu)

In questo mese di caldo afoso, qualcuno dice infernale, con la calura estiva da termometro permanentemente sopra i 40 °C e umidità almeno all’80% con le relative difficoltà anche a respirare, stiamo assistendo ad un sovraffollamento di tavoli, tavolini da occupazione permanente di suolo pubblico con sconfinamento, penso a loro insaputa, sul marciapiede di turno, e poi feste, festicciole, ballerini e cotillons.

Lo scopo, si fa per dire, più appropriato sarebbe lo stampo, è uno solo: incontri elettorali e accipicchia che candidato figo che sono, magari per la presidenza!

Tra un po’ arriverà la sarabanda dei santini con quel che ne consegue, ma non anticipiamo i tempi, non mi pare che la Sardegna si possa considerare in festa perché non c’è nulla da festeggiare.

La sanità pubblica è al tracollo, le famiglie non arrivano a fine mese, la continuità territoriale è inesistente, la piccola e media impresa è in crisi, un’intera zona della Sardegna centrale se la vede ancora con il flagello non più biblico delle cavallette, le servitù militari sono esattamente come prima e al riguardo si viene pure irrisi dal ministro della difesa Crosetto e non si leva neanche un tweet di protesta da Via Roma 25 o Via Trento 69 (Cagliari), il neocolonialismo energetico viene imposto da Roma senza che si alzi una voce istituzionale contraria, oramai viviamo con cinque anni di politica regionale di destra passati e caratterizzati dallo scempio continuo dei territori e dei servizi: le loro erano solo promesse elettorali mai mantenute.

Si assiste ad una grande agitazione nell’agone politico e per molti aspetti ci sono, purtroppo, troppe somiglianze nel metodo e nei contenuti tra gli schieramenti in campo.

Quando si dice L’abito non fa il monaco, certo è facile essere d’accordo, ma ben più calzante e corretto mi pare affermare che Senza abito il monaco non si distingue dagli altri.

Già, non si pretende l’identità che sarebbe un discorso troppo alto in questo guazzabuglio stagnante, ma almeno la riconoscibilità va pretesa.

In nome del semplice fatto che continua ad esistere un approccio di destra e uno di sinistra ai problemi, in quanto frutto di due visioni del mondo differenti, tra loro conflittuali e non componibili.

Da un lato l’interesse di pochi, dall’altro il bene di tutti: è questa la differenza sostanziale tra la destra e la sinistra.

Nello scenario politico quotidiano si assiste ad una gara a chi arriva primo, ad occupare spazi e posti in prima fila.

Ci sono processi intelligenti faticosi di unione tra posizioni anche diverse per un unico schieramento elettorale da contrapporre alle destre, e c’è la scorciatoia, la furbizia divisiva al posto dell’intelligenza costruttiva.

Alcuni degli attori in campo, ma soprattutto quegli altri che agiscono dietro le quinte, si presentano come aquile, politicamente parlando, e in fondo sono convinti di esserlo, ma in realtà al massimo sono dei semplici tordi e i tordi, si sa, spesso finiscono cotti allo spiedo o bolliti e serviti come “tacculas”!

E capita anche che, come nella realtà del consumismo beota corrente, come tacculas vengano servite quaglie di allevamento al posto dei pur nobili tordi.

Così è nella vita reale, così accade anche in politica: è proprio vero, al peggio non c’è mai fine.

C’è una gara che in questo periodo potremmo anche chiamare “guerra” di tutti contro tutti per occupare uno scranno in Via Roma, quello per la Regione e quello per il Comune, quasi che si trattasse di un diritto al “posto al sole”.

Ma in questo periodo di treni in orario grazie al capotreno di Palazzo Chigi (stavo per dire la capotreno, ma non vorrei mai offendere sua signoria con l’articolo al femminile, ancorché underdog!), vorrei ricordare che nel 1935 quando quello sciagurato suo antenato politico di nome Mussolini che pure lui, pare, facesse arrivare i treni in orario, pronunciò quelle parole preludio dell’invasione dell’Etiopia, non mi pare che gli/ci abbia portato poi così bene.

Infatti sappiamo come è finito il nostro piccolo, miserabile impero coloniale!

Ora vorrei ricordare che siamo per i tavoli grandi e larghi e non per i tavolini che pare siano sinonimo del modello “urbano” dello sviluppo regionale della destra. Un tavolo grande perché deve comprendere tutte le forze unibili contro il disastro continuo della giunta sardo leghista targata Solinas, ma con invitati cittadini seri, onesti e competenti, che si vogliono occupare del bene pubblico e non mettano al primo posto la pur legittima aspirazione al proprio seggio o scranno.

Cittadini che mettono al primo posto i diritti di cittadinanza garantiti dalla nostra Costituzione che si basano in sintesi sull’uguaglianza, la libertà, la pace e la giustizia sociale da garantire ad ogni latitudine dello stivale e delle isole.

E’ da qui che nasce un programma politico.

Soprattutto siamo per un tavolo che parli di un programma, che abbia obiettivi seri, raggiungibili e misurabili, indichi prospettive di sviluppo equilibrato di tutti i territori e abbia una visione, un’idea di Sardegna.

Un programma di questo tipo ancora non si intravede e quindi non si può neanche vedere un candidato Presidente che lo possa rappresentare.

Il Presidente segue il programma e non vice versa.

Già perché uno scranno in Via Roma 25 (Consiglio regionale) o al numero 145 (Sindaco e Consiglio comunale di Cagliari) o quello ancora più prestigioso di Via Trento 69 (Presidente della Giunta Regionale) non sono assolutamente un “posto al sole”, ma un posto di grande responsabilità politica, civile e morale per persone al servizio di tutto il popolo sardo.

Ci si sta muovendo realmente in questa direzione?

Parafrasando quella vecchia canzone cantata dai Rokes e da Lucio Dalla nel 1967, Bisogna saper perdere, mi viene da chiedere Vogliamo proprio perdere?

C’era appena stato un incontro super affollato costituito da 19 sigle afferenti al centrosinistra, M5S, civismo democratico in cui purtroppo non si è minimamente affrontato il tema dirimente del programma, del che fare nell’ipotesi di vittoria nelle prossime elezioni per essere quindi chiamati al governo dell’isola.

Un altro tavolo della sinistra risulta in fieri con l’intenzione, anche questa legittima, di correre per conto proprio, ma a parere del sottoscritto questa eventualità può essere ancora evitata pur di entrare nel merito del programma, dei punti fondamentali di accordo e di quelli dove le posizioni sono distanti per arrivare comunque ad un possibile accordo tecnico politico, purché pubblico e trasparente.

A sinistra, per il centrosinistra, l’associazionismo, il civismo democratico e per tutto l’elettorato progressista è questo il metodo da seguire.

Ora siamo invece alle passerelle estive pur nella grande calura, ad incontri e organizzazioni che nascono ad horas, vere e proprie improvvisazioni, in realtà solo apparenti, con l’intenzione di bypassare i processi in atto e tutte le forze e i movimenti locali, addirittura sulla base di investiture romane del futuribile Presidente e a discapito dei percorsi politici che con fatica e pazienza si tenta di costruire.

Per questo dico che non si può spaccare il fronte anti destra, bisogna presentarsi uniti alle prossime elezioni.

Ecco, se si vuole perdere continuiamo così, mettendo al primo posto l’interesse di pochi.

En passant, un bel titolo tutto in sardo di una prossima iniziativa elettorale dell’ennesima associazione dice “Est ora”, e naturalmente possiamo dire, Avanti, c’è posto per tutti.

Se non che a me viene voglia di rispondere “po’ fai eitta, cummenti e cun chini?”.

E ancora dico, per i politici di ieri che “a volte ritornano” con in testa il proprio personale futuro proiettato nel prossimo anno, sempre rigorosamente in sardo e con riferimento al tempo “s’ora passada non torrada”.

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