L’inchiesta qatargate (di Rosamaria Maggio)

Qualche giorno fa, dopo 2 mesi di carcerazione, la procura di Bruxelles ha rimesso in libertà Nicolò Figà-Talamanca. Responsabile Ong “No peace without justice”, una delle organizzazioni legate al mondo radicale, è stato liberato senza condizioni dall’autorità inquirente, che non ha spiegato il perché di questa liberazione dopo che per 2 mesi si era sempre rifiutata di ascoltare le richieste dell’imputato e della sua difesa.

Dice Marco Cappato, felicitandosi della liberazione, che spera di capire se, come e quanto i diritti umani siano violati anche nel cuore dell’Europa, in un sistema processuale penalistico che fa pensare a periodi bui del nostro continente nonché dell’Unione Europea.

Qualche settimana fa sono anche state liberate la moglie e la figlia di Antonio Panzeri che, in cambio di ammissioni, avrebbe fatto un patto sulla mitezza della pena. Quindi, ne deduciamo che l’arresto delle due donne e la relativa richiesta di estradizione non fossero altro che strumenti di pressione dell’inquirente per indurre il padre/marito Antonio Panzeri a fare ammissioni. Il che mette già in dubbio che tale autorità abbia in mano elementi di prova inconfutabili.

Ai due parlamentari Andrea Cozzolino e Marc Tarabella poi, il Parlamento Europeo ha revocato l’immunità parlamentare all’unanimità, quindi anche con il voto favorevole dei due che confermano di averci voluto rinunciare per poter essere interrogati, nella speranza di chiarire la loro posizione.

Ma qual è il quadro accusatorio?

Le indagini principali riguardano presunte tangenti arrivate dal piccolo emirato sul Golfo (ma anche dal Marocco), per influenzare e determinare a proprio favore la politica dell’europarlamento e rideterminare in positivo l’immagine dello stesso Paese arabo.

E’ in questo quadro accusatorio che sono state arrestate anche la vice Presidente del Parlamento Europeo Eva Kaili, il suo compagno Francesco Giorgi, assistente di Panzeri e lo stesso Antonio Panzeri (ex parlamentare europeo).

Al momento solo queste 3 persone sono in stato detentivo.

Eva Kaili è sottoposta ad una dura detenzione, fuori da ogni regola anche internazionale, in quanto madre di una bambina di 23 mesi dalla quale è stata separata e che ha potuto incontrare in più di 2 mesi, solo una volta.

Il 4 aprile 2018 il Consiglio d’Europa ha adottato la Raccomandazione CM/REC 2018/5 diretta a tutelare i diritti dei bambini dei genitori detenuti. In questo caso sembra che la raccomandazione sia stata totalmente ignorata dagli inquirenti belgi.

Non sembra inutile poi ricordare che in UE agiscono legittimamente le cosiddette lobbies.

Le lobbies sono gruppi di pressione in nome di interessi economici specifici o cause politiche generali e cercano di influenzare dall’esterno le deliberazioni delle istituzioni pubbliche.

Esse sono attori necessari, e non solo legittimi, della politica democratica, in quanto forniscono (o possono fornire) un contributo informativo importante ai parlamentari. Poiché in democrazia si governa attraverso le leggi e, poiché le materie oggetto delle leggi sono spesso tecniche, è inevitabile che i parlamentari ricorrano a informazioni e competenze esterne. Naturalmente, l’azione delle lobbies è, e deve essere, sottoposta a controlli e a vincoli di pubblicità e trasparenza, soprattutto perché esse dispongono di risorse finanziarie che potrebbero influenzare il processo legislativo.

Ora la domanda è: ci troviamo di fronte a lobbies legittime che in cambio di influenze vengono regolarmente compensate o di fronte ad un giro corruttivo complesso e di dimensioni notevoli?

Queste domande sono legittime anche perché un’influenza efficace e corruttiva deve essere provata anche con il coinvolgimento di una maggioranza parlamentare che al momento non si vede. Una vice-presidente ed eventualmente 3 o 4 parlamentari europei, non fanno maggioranza e né possono determinare da soli il voto europarlamentare.

Assistiamo francamente ad una inchiesta che per ora ha fatto molto fumo e niente arrosto.

A parte il dramma di una piccola bambina ignara, che improvvisamente ha visto scomparire entrambi i genitori ed in particolare la mamma, senza capire il perché, subendo un abbandono, (così sarà per la piccola) , di cui porterà i segni per tutta la vita.

Lontane dalla sensibilità collettiva in questo sembrano, in questo paese, le denunce della ricerca di Ricci e Salierno degli anni ’70, su “Il carcere in Italia”.

Noi giovani in quegli anni eravamo colpiti e coinvolti in una battaglia per portare la condizione carceraria entro l’alveo costituzionale. Oggi quei giovani ormai maturi, e con i capelli bianchi, sembrano aver dimenticato e le indagini sull’opinione degli italiani delineano un paese, ma anche una UE, lontani dai quei principi e valori. Sembra una società incattivita, poco informata, che si sente tranquilla di fronte al carcere sempre più duro del quale buttare la chiave. Persa ogni umanità, ogni convinzione che chi sbaglia possa cambiare e possa riacquistare il diritto di far parte del consorzio sociale. Basterebbe conoscere la storia di Giulio Salierno per farsi solo alcune di queste domande. E non guasterebbe conoscere la Costituzione.

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