Leggendo i risultati elettorali (di Rosamaria Maggio)

Soffia un vento di destra in tanti paesi europei. Dopo la Svezia, la Polonia, l’Ungheria e l’Italia, i partiti conservatori conquistano la maggioranza. Anche in Spagna dove il governo Sanchez ha fatto una politica che ha raggiunto evidenti risultati: una riforma del lavoro che ha fatto registrare un aumento dell’occupazione (più 12,6%), la generalizzazione dei contratti a tempo indeterminato e la disoccupazione diminuita al 12,9 %. Ciò nonostante alle ultime amministrative, le destre hanno riportato una vittoria netta, portando Sanchez allo scioglimento del Parlamento ed a indire elezioni anticipate.
Nel nostro paese alle recenti elezioni amministrative, si conferma una volontà elettorale che premia le destre, confermando o conquistando molte amministrazioni comunali, anche in comuni importanti, su tutto il territorio nazionale.
Potremmo dire che un elettorato non vira in pochi mesi anche perché non emerge al momento una opposizione significativa né compatta. Né è sufficiente fermarsi alla considerazione che si tratta di elezioni amministrative che non danno necessariamente informazioni dal punto di vista politico.
Sicuramente occorre partire da un dato incontestabile: l’affluenza alle urne ha riguardato al primo turno il 58,39% degli aventi diritto ed al secondo turno il 49,64%. Ciò significa che i vincitori rappresentano nel primo caso poco più del 30% dei cittadini e nel secondo il 25,82%.
D’altra parte alle politiche aveva votato il 63,91% degli aventi diritto, il che significa che la maggioranza governa con il voto del 33% dei cittadini.
Il restante 67% o ha votato contro o non ha votato, nel senso che non ha fiducia né nella destra né nella sinistra.
Il primo dato sconfortante è che i 2/3 del paese non ha fiducia nella politica, né a livello nazionale né a livello locale.
Anche in Spagna la affluenza alle urne è stata del 51,41%.
Quindi questo dato della disaffezione al voto non riguarda soltanto il nostro paese.
Secondo una vulgata comune, oggi non avrebbe più senso parlare di destra e sinistra. In verità il noto libriccino di Norberto Bobbio – Destra e sinistra- è stato recentemente ripubblicato, quasi a sottolineare l’attualità delle sue considerazioni.
Nel nostro paese, come in altri simili, e mi riferisco principalmente ai paesi europei, alcuni problemi assillano prevalentemente i cittadini, e principalmente, la disoccupazione, i bassi redditi, la mancanza di casa, la diminuzione di sicurezze sociali, come la erosione del diritto alla salute, all’istruzione, alla pensione.
Vi è poi il problema dei diritti sociali, come il riconoscimento di varie situazioni familiari, delle filiazioni nelle coppie omogenitoriali, dei diritti degli lgbtq, dell’attribuzione della cittadinanza per chi nasce nel nostro paese anche da stranieri. E via di seguito.
Mancano inoltre il riconoscimento di un salario minimo, di un reddito di sussistenza, una seria lotta all’evasione fiscale e la riduzione della pressione fiscale.
Sul piano delle convinzioni, si è diffusa nel mondo occidentale una visione fortemente individualistica, dove valori come solidarietà e uguaglianza sostanziale, possono essere sacrificati in nome dell’interesse del singolo.
Questo non rende le considerazioni di Bobbio superate, bensì, contrariamente a quanto si credeva negli anni ’70 e cioè che solidarietà e uguaglianza sostanziale fossero valori che dovevano ispirare l’azione politica, è indubbio che oggi prevalgano altre logiche.
Bobbio aveva messo in evidenza a proposito del principio di uguaglianza come sia la destra che la sinistra credono che non tutti siamo uguali. Ciascuna però ritiene che le soluzioni debbano essere diverse.
La sinistra, partendo dalla diseguaglianza fra gli uomini riscontrabile nella realtà, propone o dovrebbe proporre interventi politici diretti ad eliminare o quantomeno ridurre le diseguaglianze.
La destra crede che le diseguaglianze siano ineliminabili, che non sia compito dello Stato la eliminazione o riduzione delle stesse, che il singolo debba adoperarsi, secondo una logica meritocratica, per conquistare una posizione migliore nel mondo, nella società.
Ciò che sconcerta in verità è che intere fasce di senza diritti, di emarginati e comunque di meno tutelati, possano, se votano, identificarsi con quelle classi politiche che palesemente non opereranno per migliorare la loro condizione.
Se analizziamo la campagna elettorale portata avanti dalla estrema destra mentre era all’opposizione, notiamo che essa era fondata su programmi-slogan che, una volta al Governo, sono spariti dall’obiettivo: uscire dall’euro, politica anti europeista, anti atlantismo sono ormai un lontano ricordo.
Dal giorno successivo alla vittoria, tutti questi punti fondamentali del programma sono spariti.
A meno che l’elettore medio non voti con la pancia, per simpatia, per affezione di parte, sarebbe legittimo domandarsi, a rigor di logica e da elettore di destra, perché devo continuare a votare una parte politica che si è rimangiata ciò che aveva promesso?
Ma anche se la logica non fosse il forte dell’elettore medio, spesso ex elettore di sinistra, appartenente a quel proletariato che si è sentito tradito, mi domanderei, a maggior ragione, che cosa è stato fatto per me in questi mesi dalla destra al governo del paese.
Un decreto anti-rave, un paese dove i rave non si trovano neanche col lanternino, ma a me, povero Cristo, a che serve?
Sono state reintrodotte tutte le forme meno garantiste dei contratti a termine e di quelli a tempo indeterminato neanche l’ombra. E per me ed i miei figli che cosa cambia se precari o disoccupati eravamo e rimaniamo?
Sono aumentati i respingimenti degli immigrati (peraltro agognati in tanti settori economici ove noi non vogliamo più lavorare). Ma anche in questo caso a me che cosa cambia?
Sono stati garantiti vari condoni a diverse categorie di evasori fiscali. A noi disoccupati, sotto occupati, non cambia ancora una volta nulla.
Potrei continuare.
Ma la nuova narrazione, quella che deve sostituire quella di sinistra, dei tempi di Topo Gigio e Mago Zurli, noti sovversivi di sinistra, e che mi affascina, mi fa credere che io sono uno di loro, come loro, un underdog (scusate l’anglismo, ma questo è sdoganato), che può farsi da solo.
Dimentico che questi si sono fatti col pizzo di Stato che ho sudato io e che loro incamerano facendo poco o niente da decenni. Scusate, lo ho detto che questo governo è la rivisitazione del IV governo Berlusconi?
Cosi, tanto per fare due conti sul tempo che ce li stiamo mantenendo.

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