Prospettive della guerra energetica (di Tonino Dessì)

Mentre la Russia fa bruciare ai confini con la Finlandia lo stock di gas che non sta vendendo, non potendone però neppure fermare l’estrazione, la UE si appresta a discutere la proposta italiana di un tetto europeo al prezzo del gas e il disaccoppiamento tra prezzo del gas e tariffe elettriche.
Gli stoccaggi europei per l’inverno sono nella media dell’80 per cento con l’Italia nel punto superiore della media.
Anche su questo fronte, ex post, si può dire che Putin non abbia azzeccato il momento per la sua avventura bellica in Ucraina.
Il prezzo del gas ha avuto un incremento a partire da quando si è, abbastanza arbitrariamente dal punto di vista sanitario globale, cominciato a veicolare che la pandemia era sotto controllo e che bisognava far riprendere in tutti i modi l’economia. Il traino è stato la domanda cinese, seguita dal resto dei Paesi più industrializzati. Aspettative di crescita del PIL e connesse speculazioni hanno fatto il resto. La guerra ucraina ha prodotto una crescita dei prezzi in parte sganciata dall’economia reale, perché in realtà le scorte di materie prime e seconde occorrenti per la ripresa, drasticamente ridottesi durante la frenata produttiva pandemica, non erano sufficienti a soddisfare la domanda. Basti pensare alla perdurante carenza di microchip. Ancora adesso uno dei principali problemi è questo, benchè sia innegabile che la minor disponibilità di gas russo abbia provocato un’impennata inflazionistica generale, che tuttavia non ha le stesse motivazioni dappertutto. L’inflazione statunitense infatti non ha le stesse motivazioni di quella europea, essendo lì un’inflazione da eccesso di domanda e non da costi energetici com’è qui. Le decisioni di FED e quelle annunciate di BCE, però, anche se motivate da situazioni economiche differenti, hanno analoghe conseguenze, cioè quelle di una tirata di freno all’inflazione per riportare i prezzi in equilibrio con l’economia reale. Che sta frenando, perché la domanda cinese rallenta, anche causa il perdurare delle complicazioni pandemiche. Un rallentamento delle prospettive di crescita sarebbe probabilmente avvenuto comunque, anche se non con i tratti marcatamente recessivi che la guerra ha causato.
La partita con la Russia su questo terreno si gioca prevalentemente in Europa e forse su una durata relativamente breve. Da qui alla prossima estate, direi. Il tempo di sostituire il gas russo e congiunturalmente, se si trova un accordo unanime, di stabilire un cap price sul prezzo del gas. La Germania ha finalmente dichiarato sulla seconda questione di essere d’accordo. È la prima questione, che rischia di essere affrontata in termini discutibili. Perché sta comportando il ritorno al petrolio (i cui prezzi restano relativamente bassi), al carbone (di cui c’è ampia disponibilità) e al nucleare. La Russia perderà la guerra non solo militarmente, ma anche economicamente, però la guerra avrà prodotto un effetto distorsivo di lungo periodo.

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