Alleanza politica o accordo elettorale (di Gianni Pisanu)

Raramente mi è capitato di ascoltare e leggere una spiegazione giornalistica di un fatto politico che avesse la chiarezza e precisione del servizio con cui M.F. Cao su Tg3 ha dato la notizia dell’accordo fra Pd e Sinistra-Verdi. Un accordo prettamente tecnico-elettorale, per limitare i danni di questa sciagurata legge elettorale, fra due soggetti politici che si presentano agli elettori con le loro peculiarità e le loro differenze lasciando al dopo elezioni la ricerca di possibili soluzioni condivise ai molti e gravi problemi del popolo italiano. Il Pd aveva già sottoscritto un accordo con le stesse finalità e caratteristiche con Azione e + Europa, assumendosi in virtù delle sue dimensioni il ruolo di federatore, adottando vista l’urgenza la trattativa a due al posto di convention o altre modalità praticabili in tempi normali.

Poniamo che altri soggetti potessero o forse possano ancora aderire all’aggregazione elettorale, così la definisco. Se fossero sicuramente non del centrodestra BERLU-MELO-SALVINIANI e dintorni, il progetto PD avrebbe una sua ragion d’essere, appunto nella sua funzione di sbarramento anti destra, poiché ritengo ipocrita la condanna pressoché unanime di iniziative politiche “contro” qualcosa. Proviamo ad elencare. Autonomia regionale differenziata, Presidenzialismo, Flat-tax, rischio di modifica unilaterale della costituzione ecc.

A questo punto l’aggregazione di centro-sinistra conta oltre al Pd, la Sinistra-Verdi, + Europa, e Impegno Civico. Il cosiddetto terzo polo potrebbe essere formato da Italia Viva e Azione. E mi consento una breve considerazione sui leader di Italia Viva Renzi e di Azione Calenda. Come verrebbe vissuta la presenza di questi due personaggi all’interno di un’aggregazione sia pure solo a fini elettorali da gran parte dell’elettorato di centrosinistra? Penso non benissimo a meno di una sincera ammissione da parte di tutti i contraenti che, anziché proporsi come premier chiariscano i motivi per i quali non danno vita a nessuna coalizione politica, ma soltanto a un’aggregazione elettorale, per cui le questioni riguardanti la formazione e il programma di governo dovranno essere affrontate sulla base dell’esito elettorale, così come avviene con elezioni col sistema proporzionale. Il problema è dove trovare la maturità necessaria poiché l’alternativa sarebbe, temo, il risultato disastroso di quasi i collegi uninominali che farebbero partire il centrodestra col 36% di vantaggio.

Il M5s sembra orgogliosamente intenzionato a restare isolato riproponendo i punti già sottoposti al governo. Quanto a partecipare a iniziative con altri soggetti politici, ad oggi nessun segnale. E temo anche per domani.

Non entro per il momento nel merito dei comportamenti e della storia di partiti e personaggi. La situazione cambia rapidamente. Cerchiamo di capire.

La trattativa ci fu: improvvida e indicibile (di Carlo Dore Jr)
La fragilità-delicatezza come risorsa (di Roberto Paracchini)

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