L’Ucraina apre l’ennesima contraddizione tra quel che resta della sinistra (di Nicolò Migheli)

L’Ucraina apre l’ennesima contraddizione tra quel che resta della sinistra

di Nicolò Migheli

Questo scritto ha l’ambizione di contribuire a un dibattito. La vicenda ucraina si sta dimostrando ogni ora che passa una cartina di tornasole per chi ancora, nonostante tutto, si definisce di sinistra. Non riguarda solo quella sarda e italiana, ma posizioni simili le si legge un po’ in tutta Europa. Provo a riassumerle. La prima, quella che ha fatto un Bad Godesberg di gruppo e personale. Memora delle dichiarazioni di Berlinguer del 1975, ha abbracciato la postura internazionale italiana, fatta di Ue e Nato, ha avuto responsabilità di governo e, benché a volte dubitante, ha appoggiato le scelte internazionali: Kossovo, Iraq, Afghanistan e Libia. Ora si riconosce nelle iniziative Nato e Ue verso l’Ucraina, favorevoli anche all’invio delle armi. La seconda, sempre più minoritaria, ha trasposto gli schemi della guerra fredda. Qualsiasi iniziativa dell’Occidente viene considerata la causa dei mali del mondo. Nessun compromesso con Nato e Ue, Putin erede di Marx, Lenin, Stalin e Mao. Per cui l’autocrate russo è considerato l’unico che può fermare l’espansione Nato nel mondo. L’unico imperialismo riconosciuto è quello euro-americano. Una frangia di questi, seguendo le teorizzazioni del filosofo Aleksandr Dugin, riconoscono al regime putiniano la strenua difesa dei valori cristiani contro la decadenza occidentale. Posizioni definibili come rosso-brune che hanno contatti evidenti con l’estrema destra fascio-nazista. La terza, sicuramente la più vasta, ha l’esperienza delle lotte pacifiste fin dalla guerra fredda. Contraria per principio a ogni iniziativa bellica si mobilita per la pace. Eredi del non aderire e non sabotare del 1914. Per molti di loro è una terza via tra Occidente e Russia. La quarta è frutto di questi tempi. Pur non appartenendo alla prima, più per gemmazione della terza, riconosce che vi è un’aggressione in corso, ritiene, pur con molti distinguo, che l’azione dell’Occidente sia corretta e che l’invio di armi in Ucraina sia legittimo. Tassonomia non esaustiva, tutt’altro, non rispecchia la complessità delle posizioni individuali, serve giusto per un orientamento. Per premessa.

La guerra ucraina è l’ultimo capitolo della dissoluzione dell’Urss. Putin, che forse non è mai stato comunista, l’ha definita: “la maggior catastrofe geopolitica del Novecento”. Ma la fine di quella unione, benché frutto del contenimento occidentale, fu un fatto interno. Alla crisi economica era subentrata una mancanza di motivazione, un’apatia di cui approfittarono i vari presidenti e segretari di partito delle repubbliche che il 31 dicembre 1991 ne decretarono lo scioglimento. Con quell’atto finale le repubbliche divennero indipendenti.

Putin, ma non solo lui, si appellano a una promessa fatta a Mikhail Gorbachev all’atto della riunificazione tedesca, che la Nato non si sarebbe estesa oltre l’Elba. Anche la ex DDR ne sarebbe dovuta restare fuori, almeno come sede di basi americane. Lo Spiegel ha scritto che esiste in tal senso un documento Nato del maggio 1990. In rete ci sono sunti, ma non si trova, o almeno io non l’ho trovato, il documento originale classificato confidenziale. Se è reale, la data è importante, in quel maggio l’Urss esisteva ancora. Benché in crisi era sempre una potenza nucleare. Cosa avviene dopo? Gli Stati ex Patto di Varsavia e le repubbliche baltiche che hanno riconquistato l’indipendenza chiedono di entrare nella Nato. Potevano scegliere la neutralità finlandese, o come quella ucraina su cui tornerò, invece vogliono essere integrate nell’Alleanza. In un incontro Nato a Washington nel 1995, l’allora ministro della difesa polacco Andrezj Karkoszka, esponente di Solidarnosc, disse che volevano aderire al Patto Atlantico per impedire allo Stato Maggiore russo di invadere la Polonia per l’ennesima volta come aveva fatto negli ultimi 300 anni. Una delle motivazioni che noi dimentichiamo è che per quei popoli il nazionalismo russo viene vissuto da sempre come aggressivo. Sono territori con frontiere mobili da sempre. La Polonia, pur potenza vincitrice del secondo conflitto mondiale, ha dovuto abbandonare all’Urss la Galizia, ora Ucraina, ricevendo in cambio i territori tedeschi dell’ovest e sul Baltico. Per l’Ucraina il discorso è diverso. Il 5 dicembre del 1994 venne firmato il memorandum di Budapest dove Kiev aderiva al Trattato di Non Proliferazione Nucleare, cedeva le armi atomiche alla Russia e in cambio riceveva garanzie di neutralità firmate da Usa, Uk e Russia. L’Ucraina aveva ereditato dall’Urss un numero consistente di armi nucleari, bombardieri strategici e missili intercontinentali. Aveva ed ha le centrali che possono produrre materiale fissile per uso militare. Stante le condizioni economiche non avrebbe potuto mantenere un arsenale così vasto, ma uno piccolo sì. Se avesse avuto ancora un deterrente nucleare Putin avrebbe invaso? Si sarebbe annesso la Crimea? La risposta è scontata. L’allargamento a est dell’Alleanza, benché osteggiato da alcuni Paesi si fece. I propugnatori non furono solo gli Usa e Uk, anche la Germania si mostrò molto attiva. In questo modo otteneva la profondità strategica, tra lei e il suo probabile avversario c’erano la Polonia e la Lituania.

La geopolitica è una dottrina cinica, non coglie i dolori dei popoli, i loro vissuti drammatici se non in funzione di nuovi asseti. Putin dice che non vuole basi missilistiche a ridosso del suo territorio, cosa su cui si potrebbe, a mio avviso trattare, ma prendendo in considerazione anche le sue nell’enclave di Kalinigrad, con le quali può minacciare Varsavia e Berlino con i suoi missili a medio raggio. Vuole una Ucraina neutrale, ma già lo era. Avrebbe questa inserito in costituzione l’adesione alla Nato se non fosse stata privata manu militari della Crimea e del Donbass? Adesione che comunque non ci sarebbe stata, per il veto di Ungheria, Francia e Italia. Putin e il suo cerchio magico vogliono ricostituire l’impero, l’area d’influenza sovietica; vivono, per usare una categoria di Bauman dentro una retropia. Un rimpianto del passato che vorrebbero fosse un futuro, senza capire che la competizione contemporanea si gioca su altri fattori: scienza, intelligenza artificiale, tecnologia, conquista dei mercati. Cose che la Cina ha capito benissimo. Mentre la Russia a 30 anni dalla fine dell’Urss si ritrova il Pil della Spagna, una economia fatta per il 50% dalle esportazioni di materie prime. Il resto materiali della difesa e poco altro. La guerra in Ucraina cambia tutto e ha già raggiunto risultati che solo un anno fa non si immaginavano. La Nato non godeva tanta popolarità dagli anni ’50. La Ue ha una politica estera comune e accelera sulla difesa. Le opinioni pubbliche di Svezia e Finlandia, neutrali, sono attratte dall’Alleanza. Putin non si aspettava tanta coesione, come non si attendeva una resistenza così decisa da parte ucraina. Oggi l’autocrate si trova con grandi difficoltà economiche e le stesse FFAA russe mostrano problemi che contraddicono la loro fama. In questo panorama desolante, le sofferenze delle popolazioni ucraine, le distruzioni, la crisi economica che può colpire severamente l’Europa. Qualsiasi sia l’idea di chi legge queste note, non può sfuggire alla domanda: perché la Russia di Putin non è attrattiva per i suoi vicini? Perché quel modello di società viene rifiutato mentre l’appartenenza all’Occidente è un desiderio? Per creare un lebensraum non bastano i carri T90, ci vuole ben altro.

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