Presidenza Camera e Senato una scelta autoritaria (di Michele Zuddas)

L’elezione dei Presidenti di Camera e Senato, lungi da rappresentare una sorpresa, è l’emblema di una concezione del ruolo del Parlamento e della politica frutto, a sua volta, di una nuova “Costituzione materiale”, ovvero di quell’insieme dei principi e delle prassi utilizzate dalla classe politica dominante in un determinato momento storico. Nulla più, nulla meno. Se poi chi legge ha la curiosità di indagare la nascita del concetto di “Costituzione Materiale” non dovrà sorprendersi se quest’ultima fu da molti indicati quale dottrina legittimante lo Stato Fascista o quanto meno quale dottrina applicabile allo Stato Fascista.

E’ evidente che gli attuali partiti della maggioranza parlamentare, seppur espressione di una minoranza di elettori, si propongono come eredi di tale dottrina e interpretano la politica come semplice rapporto di forza. Quest’ultimi, si badi bene, non in termini di valori e ideali, non in termini di rappresentatività della società civile, ma al contrario e banalmente come rapporti numerici all’interno del Parlamento.

Negli ultimi 30 anni, la governabilità del paese, qualsiasi cosa abbiano voluto intendere gli analisti politici con tale termine, è andata a scapito dell’organo legislativo (Parlamento) e a favore dell’organo esecutivo (Governo), svuotando il primo della primaria funzione legislativa e assegnando, al secondo grazie a strumenti come i decreti-legge e il ricorso alla fiducia, un potere pericolosamente accentrato nelle mani di pochi, che per tranquillizzare l’elettore medio vengono chiamati i “migliori”.

In una situazione istituzionalmente confusa e delicata, come quella descritta, qualsiasi costituzionalista non potrebbe che lanciare l’allarme nei confronti di una legge elettorale studiata per colmare l’incapacità dell’attuale classe politica attraverso il riconoscimento di un premio di maggioranza.

Pertanto, la scelta autoritaria, da parte del maggior partito della coalizione vincente, di imporre quale seconda carica dello Stato un proprio esponente rientra nella logica di un sistema malato che ha tentato di porre freno all’avanzare della degenerazione politica mediante una legge elettorale studiata al solo fine di creare una maggioranza parlamentare.

Almeno sotto questo punto di vista, la scelta di proporre ed eleggere, senza i voti di un partito della coalizione vincente, l’Onorevole Benito Ignazio La Russa, rientra nei principi e nella prassi della classe politica dominante di cui PD e centrosinistra fanno parte a pieno titolo.

Tuttavia, l’elezione dell’Onorevole La Russa va ben oltre la Costituzione Materiale e introduce un elemento di preoccupazione che non può prescindere dai valori politici di cui il nuovo Presidente del Senato si fece portavoce. Per questo motivo, non potendoci dilungare eccessivamente, e quindi per motivi di sintesi, è preferibile riportare le parole con cui il Presidente La Russa descrisse se stesso e il proprio credo politico. Sul punto si ricorda un’affermazione pronunciata durante la trasmissione Annozero nel 2010 dall’allora Ministro della difesa La Russa: “Sì. Sono fascista. Sono orgoglioso di essere fascista” e ancora; “L’Anpi altro non è che una foglia di fico della sinistra, una associazione che sfila con i centri sociali e che fa comodo solo per tenere alto il pericolo del fascismo, che però non c’è più da ben 72 anni”; e per finire: “Non stringete la mano a nessuno, il contagio è letale. Usate il saluto romano, antivirus e antimicrobi”.

Ora, a prescindere dal valore che si voglia attribuire alle affermazioni del Presidente La Russa e a prescindere dai tentativi di un riposizionamento in un’istituzione “super partes”, quale dovrebbe essere quella di Presidente del Senato, è evidente come la scelta di FDI non possa che leggersi in chiave autoritaria ovvero in spregio della maggioranza degli italiani che hanno votato per lo schieramento opposto. Al di là dei convenevoli anche il discorso del Presidente La Russa ribadisce il proprio essere di parte, lo fa certamente in modo garbato, ma il proprio credo politico rimane pur sempre mal celato.

Ecco, quindi, la preoccupazione che anche la seconda carica dello Stato venga svilita per interessi di parte, ideologici, attraverso una lettura politica insensibile (oppure troppo sensibile) ai risvolti politici e costituzionali. Certamente, i temi sollevati non sono di gran interesse per l’Onorevole Meloni che vede l’attuale assetto costituzionale troppo sbilanciato a favore del Parlamento tanto da ipotizzare una riforma presidenzialista

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